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Tfs, aumenta ancora il tasso di interesse delle banche sugli anticipi agli statali. E chi si rivolge all’Inps aspetta anche un anno

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Anticipi del Tfs a caro prezzo in banca. Sono passati nove mesi dalla sentenza con cui la Consulta ha di fatto bocciato le norme sul pagamento differito del Trattamento di fine servizio agli statali, invitando il Parlamento a porre rimedio, ma ancora nessuna soluzione si intravede all’orizzonte. Gli statali continuano a dover aspettare anni prima di ricevere la liquidazione, o in alternativa possono rivolgersi alle banche o all’Inps per un anticipo del Tfs. In banca gli interessi però comportano una spesa extra che per 45 mila euro resta stabilmente sopra i duemila euro, per effetto di un rendistato, l’indice sulla base del quale gli istituti di credito calcolano il tasso di interesse da applicare sui prestiti ai dipendenti pubblici, che non accenna a scendere. Al rendistato si somma lo 0,5% di spread e così si ottiene il tasso di interesse. L’ultimo bollettino di Bankitalia vede a febbraio il rendistato generale al 3,5% circa, dal 3,4% di gennaio. Per la fascia di vita residua più lunga, oltre 20 anni, il rendistato a febbraio è schizzato al 4,3%. Per quella più breve sfiora adesso il 3,4%.

Il salasso

La corsa del rendistato è iniziata nel 2021 e si è intensificata nel 2022. Nel giro di appena 48 mesi l’indice, che fotografa l’andamento di un paniere di titoli di Stato, è passato dal 0,3% al 3,5% circa. Insomma, la spesa per gli interessi da pagare per ottenere in anticipo il Tfs dalle banche è decuplicata in due anni. Risultato? Oggi non conviene davvero più rivolgersi agli istituti di credito. Da un anno in compenso è possibile bussare all’Inps, che anticipa anche l’intero ammontare del Tfs agli statali (non vale in questo caso il limite dei 45 mila euro) a un tasso di interesse agevolato dell’un per cento. Non è tutto oro quel che luccica, però. Le domande dovrebbero essere lavorate in sei mesi di tempo, ma solamente in rari casi è così. Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps a gennaio ha spiegato che i ritardi sono dovuti a carenze di organico.

Il Civ dell’Inps, oltre a sollecitare un intervento normativo che consenta ai lavoratori pubblici di ottenere la prestazione in tempi accettabili, ha chiesto agli organi di gestione dell’istituto di previdenza di elaborare tempestivamente un progetto specifico per ridurre i tempi di erogazione dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto, delle anticipazioni e dei versamenti ai fondi di previdenza negoziale. Dunque, anche il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps preme affinché venga realizzato un intervento normativo che ristabilisca nel pubblico le stesse regole che valgono nel privato in materia di liquidazione. Ora è il momento di passare dalle parole ai fatti.

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