Una riduzione dell’Irpef da 5 miliardi in favore dei contribuenti (dipendenti e pensionati) che navigano nello scaglione mediano di reddito compreso tra 28 e 50 mila euro. Con un beneficio pro-capite medio, in favore di circa 7 milioni di lavoratori, di 650 euro. E cioè poco più di 50 euro al mese. Il governo alle prese con la difficile messa a punto della manovra da almeno 25 miliardi studia il meccanismo attraverso il quale ridurre il peso delle tasse versate dai dipendenti.
I conti
Le risorse non sono molte e, dunque, l’esecutivo Meloni (che in vista della legge di Bilancio punta a investire 11 miliardi solo per confermare il taglio del cuneo fiscale in favore dei redditi inferiori a 35 mila euro) punta a concentrare quello che ha su un obiettivo molto ben selezionato in modo da non disperdere le energie finanziare, polverizzando i benefici. Così, appunto, tra i tre scaglioni Irpef attualmente in vigore per effetto dei cambiamenti introdotti con la riforma fiscale, nel mirino è stato messo, come detto, quello di mezzo (attualmente fissato al 35 per cento) che dovrebbe essere ridotto di 2 punti (ciascun punto di taglio vale 2,5 miliardi) per farlo scendere a quota 33 per cento. Questo piano, a dire il vero, parte da lontano. Già nell’autunno scorso il viceministro all’economia, Maurizio Leo, non aveva nascosto, quando si decise la riduzione da 4 a 3 aliquote, l’obiettivo di fare ulteriori passi avanti per i redditi fino a 50 mila euro. Una ipotesi che ha ripetuto più volte anche in una recente intervista. “i nuovi sgravi – aveva detto alcune settimane fa l’esponente del Tesoro – dovranno riguardare la fascia di reddito dai 35 mila euro, dove si esaurisce il beneficio del taglio al cuneo fiscale, a 50 mila euro, anche qualcosa in più”.
Le aliquote
Al momento le aliquote Irpef sono tre: la prima, del 23%, si ferma a 28 mila euro; la seconda del 35% si applica, come detto, tra i 28 e i 50 mila euro; la terza del 43% oltre questa soglia. L’obiettivo a regime è quello di scendere a due sole aliquote, rimodulando le detrazioni per evitare penalizzazioni. Questo appare però difficile da realizzare al momento. Più probabile, appunto, che si possa invece ridurre di uno o due punti l’aliquota intermedia del 35%. Questo progetto è però legato a doppio filo con il concordato preventivo biennale, vale a dire il meccanismo in base al quale le partite Iva possono decidere di concordare – in base a specifici parametri di categoria – i versamenti da fare nei due anni. Sarà necessario capire quale gettito darà quest’anno questo strumento (gli autonomi hanno tempo fino al 31 ottobre prossimo per aderire) e quindi quanto potrà garantire anche il prossimo in modo praticamente automatico. Questo, unito all’andamento del gettito fiscale che al momento sembra marciare a buon ritmo con entrate che nei primi sei mesi sono state di 13 miliardi superiori al primo semestre 2023, potrebbe consentire l’abbassamento Irpef. Il quadro degli incassi e delle risorse necessarie per i diversi interventi, che come sempre possono essere modulati, non è comunque ancora definito.
Il percorso
Il quadro sarà più chiaro nelle prossime ore quando la premier Giorgia Meloni incontrerà i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani. Poi ci sarà il primo consiglio dei ministri di settembre nel quale, come tradizione, il ministro dell’Economia tornerà a chiedere ai propri colleghi di elaborare risparmi di spesa, la cosiddetta spending review dal quale il governo punterebbe a raggranellare 2 miliardi. Quest’anno poi, oltre alla Nadef con il nuovo quadro macroeconomico che deve essere approvata entro il 27 settembre, il governo dovrà elaborare il piano di rientro settennale con i nuovi parametri di spesa previsti dal patto Ue. E a quel punto la manovra, che al momento si ipotizza, come detto, da 25 miliardi, entrerà nel vivo. Il sentiero è stretto, vista la necessità di alleggerire il macigno del debito pubblico – che sta per raggiungere la cifra simbolo di 3 mila miliardi – e l’impegno preso con Bruxelles a ridurre il deficit eccessivo, per cui la Ue a giugno scorso ha aperto una procedura di infrazione. Si stimano possibili tagli per circa lo 0,5-0,6% annuo di Pil per rientrare nel medio termine di circa 10-12 miliardi di euro.