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Statali, un click day per l’anticipo Inps del Tfs-Tfr

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Per gli statali ottenere l’anticipo della liquidazione a tasso agevolato da parte dell’Inps sarà un po’ come vincere alla lotteria. I prestiti spiccheranno il volo questa settimana (si parte il primo febbraio) ma le risorse disponibili al momento (potranno essere incrementate strada facendo però non è detto) ammontano a circa 300 milioni, una somma sufficiente a soddisfare solo poche migliaia di domande. Risultato, sarà un click day. Le domande potranno essere inoltrate solo online, collegandosi al sito dell’ente. La procedura richiede 180 giorni di lavorazione, dunque i primi anticipi atterreranno sui conti correnti dei beneficiari non prima di agosto. Sui prestiti, come detto, verrà applicato un tasso di interesse agevolato dell’un per cento, a cui bisogna sommare una ritenuta dello 0,5% per le spese di amministrazione. Detto in altre parole, gli statali dovranno pagare una “tassa” per riscuotere gli importi a cui hanno diritto. Certo, chi si rivolge a una banca convenzionata oggi come oggi si vede applicare interessi anche superiori al 3%, per effetto del rendistato schizzato alle stelle, ma rimane anomalo il fatto che l’ente deputato a erogare la liquidazione (e che è dunque responsabile dei ritardi nei versamenti) chieda un corrispettivo per svolgere quello che in realtà è un suo compito.

 

La beffa

Corsa contro il tempo per ottenere l’anticipo del Tfr-Tfs dall’Inps senza limiti di importo (gli istituti di credito si fermano a 45mila euro). Le richieste di prestito verranno accolte in ordine cronologico fino a esaurimento delle risorse, ha fatto sapere l’istituto guidato da Pasquale Tridico. Insomma, chi non vuole perdere questo treno farà meglio ad affrettarsi. Anche perché non è detto che il tasso di interesse applicato su questi prestiti non cambi strada facendo. L’ente di previdenza, infatti, si riserva la possibilità di ritoccare il tasso più avanti: in caso di peggioramento della situazione economica è presumibile perciò che aumenti la quota da versare per gli interessi. E per i dipendenti pubblici, costretti oggi ad attendere anche cinque anni per ricevere la liquidazione (a differenza dei lavoratori privati), si tratterebbe dell’ennesima beffa. Anche perché la buonuscita degli statali, ostaggio dei ritardi dell’Inps e di una legislazione che differisce il pagamento del Tfr-Tfs per i dipendenti pubblici e ne prevede l’erogazione attraverso una modalità rateale, viene già erosa dall’inflazione a doppia cifra e a furia di “picconate” rischia davvero di ridursi al lumicino.

Il braccio di ferro

A ogni modo, sulle norme che differiscono e dilazionano il pagamento del Tfr-Tfs dei pubblici dipendenti rispetto alla tempistica prevista per il privato, è atteso un pronunciamento della Corte costituzionale. Tutto è nato da un ricorso “pilota” al tribunale di Velletri di un iscritto dell’Unsa (un dipendente dello Stato andato in pensione per raggiunti limiti di età e in attesa della liquidazione). In precedenza però il tema era già finito sotto il faro della Corte costituzionale e i giudici avevano stabilito che fosse sacrificabile il diritto del lavoratore pubblico alla liquidazione solo nei casi di cessazione anticipata del rapporto di lavoro. Nel caso in cui la Corte costituzionale dovesse confermare questa posizione allora l’Inps sarebbe costretta a erogare (subito) migliaia di liquidazioni. Un’operazione da miliardi di euro che rischia obiettivamente di mandare a gambe all’aria i conti pubblici. Oggi il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici ha tempi di pagamento diversi a seconda della cause di cessazione del rapporto di lavoro. Chi va in pensione a 67 anni deve aspettare bene che va 12-24 mesi per poter toccare con mano una prima tranche della sua buonuscita.

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