Facciamo un passo indietro lungo 5 anni. Era il 2019 quando l’allora ministra della Pa, Giulia Bongiorno, annunciava la possibilità per i dipendenti pubblici di farsi anticipare i soldi del Tfs/Tfr in banca, fino a 45 mila euro, a un tasso di interesse favorevole. Ma dal 2019 a oggi la situazione è cambiata drasticamente. Rispetto a cinque anni fa, infatti, la spesa per gli interessi legata all’anticipo del trattamento in banca è quadruplicata. All’inizio il tasso praticato dagli istituti di credito si posizionava poco sopra l’1%, mentre adesso l’asticella supera il 4%. Il tasso di interesse applicato dalle banche sugli anticipi è il risultato della somma del rendistato e dello spread, che è sempre pari allo 0,5%. Nel dicembre del 2019 il rendistato generale stava a 0,898%. Oggi invece, indica l’ultimo bollettino della Banca d’Italia, si posiziona poco sopra il 3,6%. Così la misura pensata per favorire gli statali in pensione alla fine sta favorendo soprattutto le…banche!
Il bollettino
L’Inps nelle scorse settimane ha chiuso, per esaurimento delle risorse, il rubinetto degli anticipi a un tasso di interesse dell’un per cento. Quindi i dipendenti pubblici che non vogliono (o non possono) aspettare un lustro, e oltre, prima di vedere i soldi del Tfs, ora non hanno altra alternativa se non quella di pagare il “pizzo” agli istituti di credito che, in convenzione con lo Stato, prestano agli statali il denaro della liquidazione. Per i prestiti più lunghi il rendistato sale addirittura al 4,2%, portando il tasso di interesse finale al 4,7%. Per i prestiti più brevi va leggermente meglio: il rendistato al 3,4% si traduce in un tasso di interesse che sfiora il 4%. Per 45 mila euro di anticipo, dunque, la spesa per gli interessi oscilla in banca tra 1800 euro e 2150 euro. Cinque anni fa ne bastavano meno di 500.
La normativa
Recentemente anche il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, nella Relazione di verifica sull’attività dell’istituto nel 2023, è tornato sul tema del pagamento ritardato del Tfs/Tfr ai dipendenti pubblici cessati dal servizio. «Si registrano strozzature nella liquidazione del Tfr e del Tfs dei lavoratori pubblici, in parte ascrivibili a una normativa che andrebbe modificata, in parte frutto di problematiche organizzative interne», così il Civ dell’Inps. La normativa che autorizza il pagamento differito del trattamento nel pubblico è stata bocciata dalla Consulta con una sentenza di giugno scorso. Per modificarla sono state avanzate anche delle proposte di legge mirate, che però si sono scontrate contro il muro delle coperture alzato dalla Ragioneria dello Stato.