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Caldo record: il governo dimentica (ancora) il pubblico impiego

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Situazioni eccezionali richiedono interventi altrettanto eccezionali, così prendendo atto che il cambiamento climatico ci costringe ad affrontare estati sempre più torride, il governo ha emanato addirittura un decreto-legge per rendere più accettabili le condizioni di lavoro per chi è costretto a ad affrontare temperature superiori a 35 gradi. Peccato che leggendo nel dettaglio il testo del provvedimento spunti maligno il dubbio che per l’esecutivo a soffrire il caldo siano soltanto i lavoratori privati, quelli pubblici devono probabilmente avere una forma di autoregolamentazione termica che permette loro di passare indenni sotto i dardi di Caronte e degli altri simpatici aguzzini estivi. Il decreto, infatti, lodevolmente prevede la neutralizzazione dei periodi di cassa integrazione ordinaria per emergenza climatica, estendendo questo strumento anche al settore edile, a quello lapideo e a quello delle escavazioni, (insomma viene riconosciuto a tutti gli effetti che manovrare una benna, passare il bitume sulle strade o incollarsi un secchio di mattoni salendo su un’impalcatura mentre il sole picchia intorno ai 40 gradi non può far bene alla salute). Altrettanto lodevolmente è previsto che se eventi climatici estremi rendano impossibile lavorare nei campi, le aziende agricole possano fare ricorso alla Cisoa, la Cassa integrazione del settore (anche se non si spiega perché dal meccanismo di tutela siano stati esclusi gli stagionali, che sono il 90% del totale dei lavoratori agricoli). 

Caldo record e vittime

Le temperature estreme, però, non colpiscono solo i cantieri, le cave e i campi, per tutti gli altri settori, è scritto nel decreto, i ministeri del Lavoro e delle politiche sociali e della Salute favoriranno “la sottoscrizione di intese tra organizzazioni datoriali e sindacali per l’adozione di linee-guida e procedure concordate ai fini dell’attuazione delle previsioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nell’esposizione alle emergenze climatiche”. Intese che poi potranno essere recepite con decreti dei due ministeri già citati.Benissimo, evviva! Il grido di dolore lanciato dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che chiedeva “un protocollo per cassa integrazione e smart working per i lavoratori, come durante il Covid-19 per affrontare l’emergenza climatica, è stato ascoltato. Peccato, però, che l’articolo del decreto formulato in questo modo può far sedere ai tavoli ministeriali solo associazioni datoriali e sindacati del settore privato. Non vengono citati, infatti, né il ministero della Pubblica amministrazione, né l’Aran, Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle PubblicheAmministrazioni e figuriamoci se potranno mai essere coinvolti i sindacati del Pubblico impiego. Il dubbio, quindi, è che al governo pensino che i dipendenti pubblici che lavorano sotto il sole (vigili urbani, operatori ecologici, forze dell’ordine…) abbiano nel sangue tracce del dna della volpe di Rüppell, che vive nel deserto di Dash-e Lut in Iran, dove fanno 71 °C. Allo stesso modo i solerti estensori del decreto devono pensare che a salvaguardare tutti gli altri lavoratori pubblici dalle temperature estreme bastino gli uffici all’avanguardia, perfettamente climatizzati con impianti a basso impatto ambientale. Bene, se pensano questo, ci dispiace disilluderli. 

Clima da bagno turco

La realtà è ben altra. Per restare a Roma, lo scorso 18 luglio, mentre a via Fornovo, sede del ministero del Lavoro, mettevano a punto le ultime righe del decreto, a nemmeno un chilometro di distanza, nella cittadella della Giustizia di piazzale Clodio, sede tra l’altro della terza procura più grande d’Europa, due dipendenti sono finite in infermeria perché negli uffici la temperatura raggiungeva i 40 gradi. Un clima da bagno turco ben poco mitigato da sporadici ventilatori, visto che i pochi climatizzatori esistenti se si accendono fanno saltare la corrente. Ma situazioni del genere si possono trovare in molti altri tribunali, per non parlare delle condizioni delle carceri, invivibili sia per i detenuti sia per gli agenti della Polizia Penitenziaria o di gran parte degli edifici scolastici o di molti ospedali. 

Il Pnrr ci rinfrescherà?

Inutile fare l’elenco delle strutture pubbliche dove si mandano avanti servizi indispensabili per il cittadino in condizioni di lavoro che il caldo estremo rende quasi impossibili, si tratterebbe di una lista infinita. Certo, qualcosa potrebbe cominciare a migliorare tra qualche anno, se il governo riuscisse a spendere bene i soldi per l’efficientamento degli uffici pubblici previsti all’interno del Pnrr, ma nell’immediato la situazione resta tragica. E il governo, dimenticandosi di allargare ai lavoratori pubblici il tavolo intorno al quale si discute dell’emergenza climatica, non fa certo sperare per il meglio.

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