Buste paga più pesanti l’anno prossimo anche per 420 mila dipendenti a termine della Pubblica amministrazione. I precari, al pari degli statali con il posto fisso, percepiranno a gennaio l’indennità di vacanza contrattuale 2024, aumentata di 6,7 volte. Parliamo dell’anticipo degli aumenti legati ai prossimi rinnovi dei contratti del pubblico impiego, per i quali la manovra stanzia otto miliardi di euro. L’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale 2024 serve a rendere l’attesa dei rinnovi meno frustrante, ma inizialmente i dipendenti a termine erano stati esclusi dall’emolumento.
Pagamenti frazionati
Il decreto anticipi aveva previsto l’aumento dell’indennità di vacanza contrattuale solo «per il personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato dipendente dalle amministrazioni statali». Le altre amministrazioni, si legge sempre nel decreto, «possono erogare al proprio personale dipendente a tempo indeterminato l’incremento con oneri a carico dei propri bilanci». Con la manovra però il governo ha corretto il tiro, anche perché altrimenti solo uno statale su due beneficerebbe dell’aumento dell’Ivc. Va detto però che i dipendenti a termine della Pa non riceveranno le tredici mensilità dell’indennità in un colpo solo come i loro colleghi con il posto fisso: lo avranno in busta paga frazionato mensilmente, a partire dal prossimo mese gennaio. La metà dei precari della Pa, oltre 200 mila, si trova nella scuola.
Gli aumenti in cifre
Un insegnante a tempo determinato della scuola dell’infanzia si porterà a casa, con la nuova indennità di vacanza contrattuale, tra i 58 e gli 85 euro al mese, ovvero tra 50 e 70 euro in più rispetto a quest’anno. Un docente di scuola media o di scuola superiore riceverà invece tra 63 euro e 99 euro al mese, a seconda dell’anzianità di servizio, anziché 9-14 euro come oggi. Capitolo sanità: i 60 mila precari del comparto vedranno l’indennità passare da 7,55 e 13,37 euro a 50-90 euro. Le cifre oscillano in base agli inquadramenti. Detto questo, ci sono ancora 1,39 milioni di dipendenti pubblici del cosiddetto settore non statale, che comprende gli enti locali, che rischiano di non vedere un soldo. Come ricordato, Comuni e Regioni devono finanziare gli aumenti di stipendio per i propri dipendenti trovando le risorse all’interno dei loro bilanci. Cosa che non è affatto scontato in un periodo di vacche magre come quello attuale. A conti fatti, perciò, circa uno statale su tre potrebbe rimanere a secco.