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Contratto statali, subito i soldi degli aumenti e tavolo per il prossimo triennio

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Chi lavora per un’amministrazione pubblica, qualsiasi sia l’amministrazione, sa che su di lui peserà sempre il marchio del pregiudizio che fa di ogni dipendente pubblico un burocrat, se non un perdi tempo. Niente di nuovo sotto il sole, si tratta di uno stigma che persiste dalla notte dei tempi. Altro che Checco Zalone e la sua satira sul “posto fisso”, sparare sul burocrate è un must per ogni battutista: “Burocrazia: bolli sempre bolli fortissimamente bolli”, celiava, infatti, mezzo secolo fa Marcello Marchesi, mentre Ennio Flaiano replicava da par suo, descrivendo così l’epitome del burocrate: “Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Ringrazia vivamente. Deplora l’assenza del modulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all’ufficio competente, che sta creando”.

Citati i migliori tra gli umoristi che si sono cimentati sul tema, direi che ci possiamo anche fermare. Io, personalmente, ho finito le parole nello sforzo di replicare ai pregiudizi con fatti, numeri, statistiche e quant’altro. È tutta la vita che combatto questa battaglia. La mia, semmai, è una premessa d’obbligo per proseguire nel ragionamento che tenterò di fare ora e che riguarda un passaggio importante dell’intervista recentemente rilasciata dal ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo al Messaggero. Interpellato sui tempi che ci vorranno per arrivare dalla pre-intesa sul contratto agli aumenti in busta paga, il ministro ha risposto: «Come sa ci sono dei tempi tecnici. Servono le verifiche della Ragioneria e poi la Corte dei conti. Ma sto facendo moral suasion per ridurre a poche settimane questi passaggi».

Ecco, io mi auguro veramente che lo sforzo di persuasione del ministro abbia davvero effetto, perché arrivare all’accordo in questione non è stato assolutamente facile, è costato, tra l’altro, anche una dolorosa rottura del fronte sindacale, perché a noi e a tutte le forze sindacali che hanno siglato il pre-accordo, su ogni altra considerazione ci è sembrato prevalente l’interesse dei lavoratori ad avere un contratto molto innovativo, con un aumento salariale del 6% (il più alto in termini assoluti e percentuali degli ultimi vent’anni) che arrivasse entro la scadenza del periodo contrattuale in essere. Rispettare i termini di vigenza, infatti, è quasi una rivoluzione, soprattutto se ancora pesano sulle amministrazioni e sui lavoratori gli effetti del decennio di blocco della contrattazione.

Abbiamo detto in ogni dove, sia al tavolo contrattuale sia nelle assemblee sindacali, che l’obiettivo di avere le nuove norme e gli aumenti entro il 31 dicembre era la nostra priorità. Il 6 novembre, quindi, oltre due settimane fa, abbiamo firmato la pre-intesa sul contratto 2022-2024 del comparto delle funzioni centrali. Ora, siamo tutti consapevoli che il lavoro di verifica della Ragioneria Centrale e della Corte dei Conti sia fondamentale per uno Stato efficiente e consapevole della sostenibilità dei propri bilanci, ma i fondi di copertura, con le relative verifiche, sono stati stanziati da più di un anno, sia per il saldo 2024 sia per le proiezioni future. Addirittura, le coperture per i rinnovi futuri sono state inserite nel Piano strutturale di bilancio a medio termine che, insieme al Documento programmatico di bilancio, sono stati appena approvati dai severi censori di Bruxelles.

Se tutto ciò è vero e se lo stesso ministro della PA ritiene che ci siano i tempi per concludere tutto il lavoro in poche settimane, è lecito aspettarsi il via libera entro Natale? Lo chiedo perché le esperienze del passato non fanno stare troppo tranquilli, in qualche caso il disco verde è arrivato anche dopo se mesi. Ecco, non vorrei proprio che si dovesse ripetere un caso del genere e non tanto perché qualche altro umorista possa trovare in un procedere tanto compassato materia di nuove battute, ma perché i lavoratori non si meritano di dover fare ancora una volta i conti con l’ennesimo contratto in prorogatio. E se mi permettono ministro e ragionieri vari, non se lo meritano nemmeno le organizzazioni sindacali che sul rispetto della scadenza di fine anno, elemento innovativo di non minor valore rispetto agli altri aspetti positivi dell’intesa, hanno impegnato anche la loro credibilità.

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