Oltre 7,2 milioni di occupati hanno lavorato da remoto nel 2021, di cui il 61% per almeno tre giorni alla settimana. Di più. Il 46% dei lavoratori vorrebbe continuare a svolgere la propria attività da casa. I numeri sono contenuti nell’ultimo report dell’Inapp sullo smart working. Intanto sta producendo risultati la circolare sul lavoro agile con cui i ministri Brunetta e Orlando a inizio gennaio hanno invitato i datori di lavoro, pubblici e privati, a ricorrere il più possibile allo smart working finché i contagi da Omicron non risulteranno in calo. La circolare è arrivata dopo il forte pressing dei sindacati, su tutti Confsal-Unsa, per il ritorno al lavoro agile diffuso fino alla fine dello stato di emergenza. Si è allineato pure il ministero della Giustizia. Così il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del dicastero di via Arenula: «ln sintesi, alla luce della circolare interministeriale sullo smart working, ogni amministrazione può equilibrare il rapporto tra lavoro in presenza e lavoro agile secondo le modalilà organizzalive più congeniali alla propria situazione, tenendo conto dell’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo, e delle contingenze che possono riguardare i propri dipendenti». La prevalenza del lavoro in presenza, come specificato nella circolare Brunetta-Orlando, potrà essere garantita nell’ottica di una programmazione plurimensile e non per forza settimanale. Sempre il ministero della Giustizia ha fatto sapere che sta procedendo alla consegna di ulteriori 32.400 computer portatili: andranno al personale amministrativo degli Uffici giudiziari per lo smart working, agli addetti all’Ufficio per il processo, a magistrati ordinari e onorari.
Lo studio
Prima della pandemia 2.458.210 occupati (l’11%) lavoravano da remoto. Nel 2021 i lavoratori agili sono saliti a 7.262.999 e la quota sul totale degli occupati è balzata al 32,5%. Questi i numeri contenuti nel policy brief sullo smart working dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, intitolato “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori”. L’indagine ha coinvolto 45mila individui tra i 18 e i 74 anni nel periodo marzo-luglio 2021. Guardando alla distribuzione dei giorni lavorati da remoto nel 2021, si osserva che quasi il 50% degi occupati era impegnato in modalità agile da 3 a 5 giorni a settimana e solo l’11,6% per un solo giorno.
Gran parte del lavoro da remoto, ricorda poi l’Inapp, si è realizzato su base fiduciaria: solo per il 16,5% è stato frutto di un accordo collettivo e per il 14,3% di un accordo individuale. Così il report: «Il 55% dei lavoratori esprime un giudizio positivo sull’esperienza complessiva di lavoro da remoto, ma su alcune specifiche questioni le valutazioni sembrano evidenziare criticità. Infatti quasi il 64% ritiene che il lavoro da remoto generi isolamento e circa il 60% che non aiuti nei rapporti con i colleghi. Inoltre, per oltre il 60% risulta problematico l’aumento dei costi delle utenze domestiche. Al contrario è decisamente positiva la valutazione sulla libertà di organizzare il lavoro e gestire gli impegni familiari». Sul diritto alla disconnessione: circa il 49% degli intervistati ha dichiarato di potersi disconnettere solo per la pausa pranzo quando impiegato da remoto.
Conclusioni
«Esiste una base per passare dal semplice lavoro da remoto emergenziale a nuovi modelli di organizzazione del lavoro associati a innovative reingegnerizzazioni dei processi produttivi», ha commentato il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda. Che ha aggiunto: «Le possibilità e le modalità di lavoro da remoto variano a seconda della configurazione che lo smart working può assumere nelle aziende di diversa dimensione, di diverso settore e di diversa intensità tecnologica. Di conseguenza non ci possono essere modalità o percentuali fissate a priori. Occorre un quadro di regole e poi flessibilità per definire attraverso la contrattazione le modalità che meglio garantiscono la produttività delle aziende e il benessere dei lavoratori». L’Inapp nel suo studio sottolinea che pur di lavorare da remoto 1 lavoratore su 5 accetterebbe una eventuale penalizzazione nella retribuzione. Inoltre, qualora il lavoro agile dovesse entrare a regime si aprirebbero nuove prospettive sul futuro delle città e dei territori. Più di un terzo degli occupati si sposterebbe in un piccolo centro, 4 persone su 10 si trasferirebbero invece in un luogo isolato a contatto con la natura.
Non so perché ma nei vostri articoli vedo poco ‘entusiasmo’, per così dire. Per la mia esperienza, altro che il 46%, il 100% di chi lo ha fatto non intende rinunciarvi. Poi c’è chi non lo fa, per motivi suoi.
Personalmente non ho mai fatto il 100% da remoto. Pur essendo amministrativo, ed anzi, saltuariamente, mi recavo al lavoro nei giorni in cui avrei dovuto essere a casa. Altre volte è capitato mi recassi in ufficio solo per alcune incombenze impellenti, e poi continuassi da casa, altro cosa che ora non si può fare.
Elasticità, ZERO.
Se ti richiamano in servizio, poco importa che sbrighi le cose da fare in presenza in due ore, o meno, ci devi restare 9 ore e mezzo se è una giornata lunga.
Non dico che il discorso dell’alternanza, non della prevalenza, sia sbagliato, per vari motivi è opportuno che un minimo di due, a volte tre se necessario, giorni ci si rechi in ufficio, con buona pace di quella casa in paesino immersa nella natura descritta nell’articolo, siamo ancora molto lontani dal poter lavorare Bene, al 100% da remoto senza mai mettere piede in ufficio e confrontarsi con colleghi e dirigenti, sebbene abbiamo fatto grandi passi in avanti, ma certamente tutti questi lacci e lacciuoli, per una organizzazione del lavoro che rappresenta invece l’esatto opposto dei lacci, ma la libera determinazione del dipendente su come e quando, entro certi limiti prefissati, svolgere i suoi carichi di lavoro, non hanno senso.
Tra l’altro, se si troveranno amministrazioni contrarie per ideologia al lavoro agile, o dirigenti del pari, nonostante tutte le linee guida, che non impongono alcun obbligo e nessuna arma nelle mani del dipendente, andranno a farsi benedire.