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Pa, la sfida della sostenibilità passa per il ilavoro agile

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Lo stop

Il ricorso al lavoro agile riprenderà a crescere? La direttiva Ue sull’applicazione dei principi Esg spinge in questa direzione. Infatti il livello di sostenibilità di imprese e amministrazioni pubbliche dipenderà in futuro sempre di più dalla corretta gestione e organizzazione delle risorse umane e dall’applicazione dello smart working. Il lavoro a distanza, è stato calcolato, fa risparmiare 600 chilogrammi di anidride carbonica per lavoratore. Nel complesso quest’anno 3,6 milioni di dipendenti pubblici e privati hanno scelto il lavoro ibrido. 

Scadono il 30 giugno le regole introdotte dal Milleproroghe con cui al momento si disciplina il lavoro agile per fragili e genitori di figli under 14. I lavoratori del pubblico e del privato che soffrono di gravi patologie hanno diritto allo smart working semplificato per un altro mese: fino alla fine di giugno quelli che non svolgono lavori non smartabili possono anche essere adibiti ad altre mansioni purché comprese nella medesima categoria o area di inquadramento. Scade sempre il 30 giugno il termine entro il quale i genitori lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio minore di anni 14, possono chiedere di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile.

L’indagine

Il lavoro a distanza permette di evitare l’emissione di circa 600 chilogrammi di anidride carbonica all’anno per lavoratore con notevoli risparmi in termini di tempo (circa 150 ore), distanza percorsa (3.500 km) e carburante (260 litri di benzina o 237 litri di gasolio). Così è emerso da uno studio dell’Enea sull’impatto ambientale dello smart working a Roma, Torino, Bologna e Trento. «Il lavoro agile e tutte le altre forme di lavoro a distanza, tra cui lo smart working, hanno dimostrato di poter essere un importante strumento di cambiamento in grado non solo di migliorare la qualità di vita professionale e personale, ma anche di ridurre il traffico e l’inquinamento cittadino», ha concluso l’ente.

Lo scenario

Nel 2019, prima della pandemia, i lavoratori che godevano di flessibilità nello scegliere dove e come lavorare erano solo 570 mila, prevalentemente nel settore privato. Nel 2020, con un’impennata del 1054%, la flessibilità si è trasformata da privilegio a necessità per 6.580.000 lavoratori italiani. Questa la fotografia scattata dall’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, secondo le cui stime nel 2023 i lavoratori flessibili saranno in tutto 3.630.000. «In tutte le organizzazioni – spiegano gli esperti del Polimi – è stato necessario colmare i gap tecnologici con strumenti di collaboration, sicurezza, digitalizzazione dei processi e, per tale ragione, in moltissime aziende e PA il lavoro da remoto è stato mantenuto».

1 Comment

  1. Chi lavora a casa nelle ore che gli restano può muoversi quanto vuole producendo infinite emissioni, o viceversa andare al lavoro con mezzi non inquinanti. Perché non si cerca la sostenibilità pure nel calcio facendo le partite senza pubblico in tribuna da vedere solo in tv?

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