Nella sanità le lista d’attesa interminabili inducono oggi 2,5 milioni di italiani a rinunciare alle cure o a ricorrere all’intramoenia. «La ragione dei ritardi nell’erogazione delle prestazioni sanitarie va ricercata nella carenza di organico che da anni affligge il Ssn. Di questo abbiamo discusso approfonditamente con il ministro Schillaci, in occasione dell’incontro di qualche settimana fa. Bisogna aprire le università e derogare, anche solo temporaneamente, al numero chiuso. Questa è l’unica soluzione», ci spiega Giuseppe Carbone, segretario generale della Fials, Federazione italiana autonomie locali e sanità. La Fials e le altre organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del comparto sanità hanno incontrato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, all’inizio di luglio.
Pubblico e privato: stop alla concorrenza sleale
«Oggi la sanità pubblica è sempre più costretta ad assumere medici e infermieri stranieri per coprire i buchi di personale negli ospedali – prosegue Carbone – ma pesa anche la fuga dei medici dal pubblico al privato. La sanità privata, tuttavia, è a tutti gli effetti un erogatore di servizio sanitario pubblico, considerato che le cliniche beneficiano dei finanziamenti dello Stato e delle Regioni. Rispetto al pubblico, però, ha il privilegio di poter scegliere di curare solo le patologie più remunerative. Assistiamo in questo modo a una concorrenza sleale tra pubblico e privato». Come se ne esce? «Per esempio mettendo nelle condizioni il privato di gestire codici bianchi e verdi, così da alleggerire la pressione sui pronto soccorso pubblici, ormai al collasso».
Medicina di base
Non solo. Per ridurre i tempi di attesa negli ospedali pubblici, sottolinea Carbone, è necessario anche recuperare una figura professionale come quella del medico di base, che in questi anni è stata messa ai margini. «I medici di base vanno valorizzati, responsabilizzati e dotati delle adeguate coperture assicurative per metterli in condizione di poter operare. Una medicina di base seria ed efficiente consentirebbe di ridurre da un lato la spesa farmaceutica, che oggi come oggi è fuori controllo, e dall’altra la richiesta di prestazioni diagnostiche in ospedale». Insomma, il rilancio della sanità passa anche attraverso la lotta agli sprechi e al fenomeno della ricetta facile. «Lei lo sa che negli ospedali ogni mese vengono cestinati milioni di euro di materiale sanitario giunto a scadenza? Questo accade perché i reparti non si coordinano tra loro, ognuno fa scorte di materiale per conto proprio e quando non lo utilizza si guarda bene dal condividerlo con gli altri», insiste il segretario generale. E poi. «Non è sufficiente costruire nuovi ospedali per far ripartire la sanità in Italia, bisogna anche cercare di recuperare quelli vecchi, riqualificandoli e destinandoli a nuovi usi, altrimenti diventeranno delle cattedrali nel deserto».
Autonomia differenziata
E sul Pnrr Carbone avverte. «Stiamo acquistando migliaia di apparecchiature, peccato che le spese di montaggio non siano coperte. E così gli ospedali cercano nelle pieghe dei loro bilanci le risorse necessarie per metterle in funzione, ma non sempre le trovano». Prosegue Carbone: «Con il ministro Schillaci abbiamo anche parlato dall’autonomia differenziata, che di fatto nella sanità esiste già, considerato che ogni Regione legifera per conto proprio». Risultato? L’applicazione pratica dei contratti di lavoro nazionale varia tra regione e regione e all’interno della stessa regione tra le varie aziende sanitarie. «Per questo – conclude il segretario generale della Fials – bisogna stabilire a livello centrale delle regole valide per tutte le Regioni. Fin quando non agiremo in questa maniera, non solo non faremo realmente gli interessi dei lavoratori della sanità, ma non tuteleremo neanche l’interesse dei cittadini».