Dipendenti pubblici in fuga dalle banche e in particolare dall’anticipo agevolato del Tfs, che con gli attuali tassi di interesse (ormai vicini al 5%) non conviene davvero più. Colpa del rendistato, che fotografa il rendimento medio ponderato di un paniere di titoli di Stato e serve a determinare il costo degli anticipi agli statali: a dicembre l’indice generale è schizzato a 3,804. Se si guarda invece al rendistato per fasce di vita residua, vediamo che a febbraio è arrivato a 3,296 per la fascia 1 anno – 1 anno e 6 mesi (dal 3,034 di gennaio), mentre per la fascia 20 anni e 7 mesi e oltre ha superato la soglia del 4,3 (dal 4,254 di febbraio).
Il meccanismo
Le banche che concedono l’anticipo agevolato del Tfs fino a 45mila euro calcolano il tasso finale del finanziamento sommando il rendistato allo spread (che è sempre pari allo 0,40%). L’alternativa? I nuovi prestiti Inps, senza limiti di importo, con un tasso di interesse che al momento è fissato all’un per cento (ma bisogna tenere conto anche dei prelievi per le spese procedurali e per l’iscrizione al Fondo credito, ovvero la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali). Le istanze vanno inoltrate all’Inps attraverso il canale online, quindi collegandosi al sito dell’ente: i tempi di lavorazione possono richiedere fino a 180 giorni.
La sentenza
Le norme che legittimano il pagamento differito del Tfs agli statali tuttavia potrebbero presto decadere. Sulla materia si pronuncerà il 10 maggio la Corte Costituzionale. Oggi, non è un mistero, i dipendenti pubblici aspettano anche più di cinque anni per toccare con mano i soldi della liquidazione. Se, come ci si aspetta, le norme sul pagamento differito introdotte durante il governo Monti verranno dichiarate illegittime dai giudici supremi, allora lo Stato dovrà trovare (in poco tempo) almeno una decina di miliardi di euro per saldare i trattamenti non ancora erogati. Il nuovo pronunciamento dei giudici si è reso necessario dopo una serie di ricorsi, tra cui il ricorso pilota al tribunale di Velletri di un iscritto dell’Unsa, un lavoratore dello Stato andato in pensione per raggiunti limiti di età e in attesa della liquidazione.
L’attesa
L’Inps ricorda che quando si va in pensione prima di aver raggiunto i requisiti anagrafici o contributivi previsti dalla riforma Fornero, è il caso di chi ha beneficiato per esempio di Quota 100, i termini per l’erogazione del Tfs decorrono dalla data di raggiungimento del diritto teorico più favorevole – requisito anagrafico o contributivo previsto dalla riforma Fornero, quindi 67 anni di età o 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini – e non dalla data di effettivo collocamento a riposo. L’erogazione della prestazione avviene in un’unica soluzione quando l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50mila euro. Previste due rate annuali se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro. E tre rate annuali se l’ammontare complessivo lordo è pari o superiore a 100.000 euro. In caso di pagamento rateale, la seconda e la terza tranche vengono pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla data di decorrenza del diritto al pagamento della prima.