Il nuovo decreto Pnrr è atteso in Consiglio dei ministri prima di Pasqua e com’è noto sbloccherà centinaia di assunzioni nei ministeri e non solo, per rafforzare gli uffici che lavorano al Piano nazionale di ripresa e resilienza e agevolare il completamento dei progetti in pista. Nella bozza di decreto ha anche trovato spazio una deroga al vigente divieto di conferimento di incarichi retribuiti al personale in pensione. Non solo. Il testo prevede anche la possibilità di trattenere in servizio, per non più di due anni e comunque non oltre il 31 dicembre 2026, il personale prossimo al collocamento in quiescenza.
Il decreto
La bozza del decreto stabilisce che le amministrazioni possono trattenere in servizio il personale dirigenziale in età pensionabile purché in possesso di specifiche professionalità utili all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza fino al 31 dicembre del 2026. E poi. «Le medesime amministrazioni – recita sempre la bozza – possono conferire incarichi dirigenziali o direttivi retribuiti al personale collocato in quiescenza, per un periodo non superiore a due anni e comunque in misura non superiore al 10 per cento delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente». Anche in questo caso gli incarichi conferiti dovranno cessare entro il 31 dicembre del 2026.
La svolta
Le regole attuali prevedono invece il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire incarichi direttivi, dirigenziali, cariche in organi di governo, incarichi di studio o consulenza, a pensionati, già lavoratori pubblici o privati. Tale divieto non si configura come assoluto, in quanto è fatta salva la possibilità di conferire tali incarichi o cariche a titolo gratuito e, con specifico riguardo agli incarichi direttivi e dirigenziali, con il limite annuale. A dettare legge è l’articolo 5, comma 9, del decreto legge 95/2012 (come modificato dall’art. 6 del dl 90/2014 e poi l’art. 17, ultimo comma, legge 124/201).
Il Pnrr
I ritardi del Pnrr preoccupano. In gioco ci sono quasi 130 miliardi di euro di fondi europei che l’Italia deve ancora ricevere. Il governo però è in affanno e il rischio che i progetti non vengano completati in tempo è concreto. Per l’Italia ci sono 525 obiettivi tra milestone e target da centrare. E 190 misure tra riforme e investimenti da mettere a terra. Finora Roma ha ottenuto da Bruxelles quasi 67 miliardi di euro per sostenere gli interventi inseriti nel piano: i primi 24,9 miliardi sono stati erogati ad agosto 2021 in forma di pre-finanziamento, poi è arrivata la prima rata da 21 miliardi di euro ad aprile 2022 e a dicembre 2022 sono atterrati sul conto dello Stato altri 21 miliardi di euro.