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Pensioni, a marzo arrivano aumenti e arretrati

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Chi ha un reddito da pensione superiore a 2.101,52 euro, cioè quattro volte il trattamento minimo, dal prossimo mese riceverà la rivalutazione della pensione rispetto all’inflazione, sulla base delle percentuali inserite nella legge di Bilancio. Saranno inoltre pagati gli arretrati delle rivalutazioni per i mesi di gennaio e febbraio. Il meccanismo è semplice: più sale la pensione, più diminuisce la rivalutazione. Sui trattamenti tra 4 e 5 volte il minimo si applica un indice di perequazione dell’85%, che cala al 32% per quelli oltre dieci volte il minimo. I pensionati sotto la soglia dei 2.100 euro mensili di assegno hanno già percepito (a gennaio) gli importi aumentati del 7,3% (con un indice di perequazione al 100%). 

Il calendario

Le date dei pagamenti di marzo: gli aumenti arriveranno il primo del mese per coloro che si sono affidati a Poste Italiane, il 3 marzo per le pensionate e i pensionati che invece ricevono le somme tramite le banche. Tramite Carta Postamat, Carta Libretto o Postepay Evolution i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompagnamento erogati agli invalidi civili possono essere prelevate dagli Atm Postamat diffusi su tutto il territorio. 

Esclusi

Non beneficiano degli aumenti le prestazioni a carico delle assicurazioni facoltative e le pensioni a carico del Fondo clero ed ex Enpao, che vengono perequate singolarmente. Sono escluse da questa perequazione anche le prestazioni a carattere assistenziale e le pensioni che usufruiscono dei benefici previsti per le vittime di atti di terrorismo e delle stragi, che vengono rivalutate singolarmente e con criteri propri. Infine sono escluse le prestazioni di accompagnamento a pensione come l’Ape sociale, che non vengono rivalutate per tutta la loro durata


Il ritardo

La perequazione solitamente viene effettuata a gennaio, quando gli importi in pagamento l’anno precedente vengono aggiornati al valore stimato dell’inflazione di tale anno, nonché al valore definitivo di due anni prima. L’adeguamento al valore definitivo del 2021 è stato però anticipato, negli ultimi mesi del 2022. Nel disegno di legge di Bilancio 2023 era prevista poi una modifica delle regole della rivalutazione che ha spinto l’Inps a prendere tempo, «al fine di evitare la corresponsione di somme potenzialmente indebite». 

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