Una buona notizia per i dipendenti pubblici, uomini e donne, in procinto di avere figli e che lavorano in una città diversa rispetto a quella del coniuge. Per loro sarà più facile, da adesso in poi, trasferirsi in una sede di lavoro collocata nella regione o nella provincia in cui risulta residente l’altro genitore. Così ha stabilito una sentenza della Corte costituzionale che favorisce il ricongiungimento familiare dei coniugi a cui nasce un figlio. La Consulta è intervenuta su una vecchia norma introdotta nel 2000 a sostegno della maternità e della paternità dei dipendenti pubblici, rafforzandola. Finora, infatti, era previsto in casi come questi che il trasferimento potesse essere concesso, ma solo nella provincia in cui è ubicata la sede di lavoro dell’altro genitore. Oggi però spesso accade che la sede di lavoro non coincida con quella di residenza – esiste il lavoro a distanza – quindi era necessario, secondo i giudici, rivedere la norma, attualizzandola.
Tutto è partito da una richiesta proveniente da un vigile del fuoco in forza a Firenze che, in vista dell’arrivo di un figlio, aveva chiesto di poter spostare la propria sede di lavoro a Napoli, Comune di residenza del coniuge. Ma la sede di lavoro di quest’ultimo era ubicata in Molise e così è scattato il semaforo rosso.
Trasferimenti temporanei
Si parla, naturalmente, di trasferimenti temporanei. La Consulta, come detto, ha assunto una decisione tesa a favorire il ricongiungimento dei nuclei familiari nei primissimi anni di vita (almeno nel primo triennio) dei figli nel caso in cui i genitori si trovino a vivere separati per esigenze lavorative. I giudici hanno messo dunque al primo posto il sostegno e la promozione della famiglia e dell’infanzia e la parità dei genitori nell’accudire i figli. «Non risulta ragionevole – hanno spiegato – consentire il trasferimento temporaneo del genitore che sia dipendente pubblico solo nella provincia o nella regione in cui lavora l’altro genitore».
Nuove esigenze
La sentenza fa riferimento poi alla maggiore complessità ed eterogeneità che oggi distingue l’organizzazione della vita familiare, anche per effetto delle trasformazioni che hanno investito le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative con l’uso delle nuove tecnologie. Insomma, il contesto è notevolmente mutato rispetto a 24 anni fa e la vecchia disposizione di legge non assicura più, secondo la Consulta, una tutela adeguata in favore di quei nuclei familiari in cui entrambi i genitori lavorano in regioni diverse da quella in cui hanno fissato la propria residenza.