Ossigeno per le famiglie strozzate dai mutui a tasso variabile. Quelle che hanno in pancia finanziamenti fino a 200 mila euro per l’acquisto della prima casa (e un Isee inferiore a 35mila euro) potranno passare dal variabile al fisso. Lo prevede il maxi-emendamento del governo alla manovra, che in pratica costringe gli istituti di credito ad accettare la rinegoziazione.
Il meccanismo
Come detto, per il cambio del tasso da variabile a fisso è necessario essere in possesso di determinati requisiti. Per prima cosa il passaggio sarà concesso per mutui non superiori a 200mila euro per l’acquisto della prima casa. Fondamentale l’Isee: solo chi avrà un indicatore della situazione economica equivalente pari o inferiore a 35mila euro potrà chiedere alla banca di aprire la procedura di rinegoziazione. La legge stabilisce anche come dovrà essere calcolato il nuovo tasso. Bisognerà sommare lo spread previsto nel contratto con la banca per il vecchio mutuo al tasso Irs a 10 anni (che adesso è pari a circa il 2,8%) o in alternativa al tasso Irs pari alla durata residua del finaziamento (se inferiore al tasso Irs a 10 anni). Oggi il tasso Irs a 20 anni orbita attorno al 2,4% e quello a 30 anni supera di poco il 2%.
Le novità
Insomma, la legge di Bilancio del governo Meloni ripesca una disposizione del decreto Sviluppo del 2011, firmato Giulio Tremonti, che aveva previsto fino al 31 dicembre 2012 la possibilità per il mutuatario con un finanziamento attivo fino a 200mila euro per l’acquisto o la ristrutturazione di abitazioni, a tasso variabile per tutta la durata del contratto, di ottenere dalla banca la rinegoziazione del contratto. «È stata ripristinata la vecchia norma del 2012 che permette per i contratti di mutuo ipotecario di tornare dal tasso variabile al fisso», ha detto il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti. Le altre novità contenute nel maxi-emendamento del governo spaziano dal reddito di cittadinanza (i cosiddetti occupabili continueranno a beneficiare della misura introdotta dai Cinquestelle nel 2019 per altri sette mesi nel 2023 e non fino ad agosto incluso come era stato stabilito in precedenza) al superbonus (sì alla mini-proroga fino al 31 dicembre per consentire ai condomini di usufruire dell’agevolazione al 110% dunque in misura piena). Passa invece da 20 a 25mila il tetto del reddito per il taglio del cuneo fiscale di tre punti percentuali. È arrivato infine il via libera all’innalzamento a 600 euro delle pensioni minime per tutti gli over 75. Via infine la norma sull’uso del Pos che prevedeva una soglia di 60 euro sotto la quale non sarebbe scattata nessuna sanzione nei confronti dei commercianti che avrebbero rifiutato i pagamenti digitali. Alla fine Roma ha preferito evitare lo scontro diretto con Bruxelles sull’uso del contante.