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Tiziano Treu: «Area quadri da sperimentare»

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Le norme cosiddette sblocca-concorsi volute e disegnate dal ministro Renato Brunetta «vanno nella direzione giusta» ed è importante «farle funzionare subito», così come le misure, contenute nel cosiddetto decreto Governance, sulle assunzioni a termine dei tecnici funzionali alla realizzazione del Pnrr. Il giudizio del presidente del Cnel, Tiziano Treu, sui primi passi della riforma della Pa per agevolarne il turn over è positivo. Intervistato da PaMagazine, l’ex ministro esprime invece qualche dubbio sull’idea di istituire anche all’interno della Pubblica amministrazione l’area quadri, mentre per lo smart working suggerisce che, all’interno del rinnovo dei contratti statali, si prevedano dei protocolli sperimentali tagliati sulle varie realtà organizzative. E rilancia un vecchio progetto: utilizzare il Tfs degli statali, al pari del Tfr dei lavoratori del privato, per alimentare un secondo pilastro pensionistico della Pa.

Cosa ne pensa delle norme “sblocca-concorsi” pubblici del ministro Brunetta? Potranno facilitare il turn over nelle Pubbliche amministrazioni?

Penso che le norme vadano nella direzione giusta. Sicuramente il concorso è la strada maestra, bisogna evitare di fare continuamente deroghe per assunzioni di breve durata e poi magari subito dopo fare più o meno velate stabilizzazioni. Naturalmente, come dice il ministro Brunetta, si possono trovare degli strumenti per rendere il sistema concorsuale più agile e più moderno. Quindi da questo punto di vista l’informatizzazione, il fatto di avere un portale ben attrezzato a cui far riferimento, mi sembra un’idea giusta. Adesso si tratta – come molte cose del Piano nazionale di ripresa e resilienza – di farle funzionare subito. Magari cominciando dalle cose più urgenti, come il reclutamento degli esperti per velocizzare i processi, oppure dei tecnici o dei professori introvabili, come quelli di matematica. Quindi fare test subito per queste esigenze, vedere come va, e poi eventualmente aggiustare. Si era anche parlato di fare assunzioni privilegiate per certe competenze direttamente dai livelli universitari: ecco, questa è una cosa che deve essere valutata bene perché bisognerebbe trovare una variante del corso-concorso, che può essere un’idea giusta. 

Come valuta il progetto di assumere con contratti a termine per massimo cinque anni (con la formula 3+2) i tecnici funzionali all’attuazione del Pnrr? 

Il vero guaio dei contratti a termine è che sono, spesso, contratti brevi, che durano 3 mesi e poi vengono ripetuti; gli stagionali veri o finti. Tutti questi, che sono la gran parte, sono il vero guaio. Mentre, se si fa come in questo caso una programmazione vera, per assumere a tempo tecnici che hanno una particolare competenza, e si fa il contratto per un periodo lungo, come quello del 3+2, allora il contratto a termine può essere una soluzione buona e non precarizzante. Quindi mi pare che sia una cosa da provare. Naturalmente, anche qui, ci sarà da vedere come funziona questo 3+2: immagino che a metà ci sarà una verifica. E poi vedere cosa avviene dopo i cinque anni di contratto. Può essere un’ottima soluzione per questa necessità e molti di questi tecnici alla fine saranno provati e avranno dato dimostrazione delle proprie capacità, quindi potranno essere inseriti nell’organico della Pa con una prova specifica. Altri ancora magari se ne andranno via, perché tecnici di questo genere, che hanno fatto un’esperienza nella Pubblica amministrazione, poi sul mercato vanno benissimo. 

Si tratterebbe comunque di una deroga ai limiti previsti dalla legge ai contratti a termine

Partiamo dal presupposto che la pandemia ha reso lampante come gli attuali limiti ai contratti a termine, resi ancora più rigidi dal dl Dignità, debbano essere cambiati. Perché mantenere così stretto il limite ai rinnovi costringe i lavoratori a termine ad essere, come sono stati, le vittime designate della crisi. Detto ciò, secondo me questa formula per l’assunzione dei tecnici funzionali alla realizzazione del Pnrr regge alla prova, anche dal punto di vista giuridico. 

Sono aperte le trattative sul rinnovo dei contratti degli statali. Come crede che dovrebbe essere regolato lo smart working?

Il lavoro agile, se non viene reso obbligatorio perché c’è la crisi in atto, è una forma di lavoro che varia molto a seconda dei settori: ad esempio, l’organizzazione dell’Agenzia delle Entrate non è uguale a quella del Comune di Abbiategrasso. Per cui suggerirei che anche nel settore pubblico, all’interno dei contratti, si facciano delle sperimentazioni, attraverso protocolli, molto dettagliate, magari di un anno, e poi si verifica come va. Così usciamo da una regolamentazione di emergenza e ci avviamo verso una sperimentazione di una tipologia di lavoro che offre molte opportunità, ma può presentare dei rischi e anche un alibi per una maggiore rilassatezza dei costumi. E questo non deve essere. 

Il Pnrr prova a ridisegnare le carriere nel pubblico impiego, introducendo anche l’area quadri. Una novità utile o necessaria?

Su questo punto vorrei che si facesse una sperimentazione. Perché anche nel settore privato l’area quadri ha avuto esiti diversi: in qualche caso è stata necessaria e in altri casi è stata una sorta di brutta copia dei dirigenti per quelli che non ce la facevano. Non sono contrario in assoluto, ma insomma non è mettendo una mostrina di più sul cappello delle persone che si valorizza veramente una carriera. Proviamo, e vediamo dove questa categoria è veramente necessaria. 

Altro cardine della riforma annunciata nel Pnrr è quella della valutazione delle performance dei dirigenti della Pa. 

Ecco, invece il problema dei dirigenti è molto importante. Credo che sia importante valorizzare i sistemi di valutazione. Non sarà facile, non sarà una passeggiata, ma è necessario. 

Infine, tema Tfs degli statali. Cosa fare per evitare i grandissimi ritardi nell’erogazione che ci sono ora? 

Questa è semplicemente una cosa che va corretta, un’inefficienza da superare. Un altro problema che invece mi sono posto, anche quando sono stato più direttamente a contatto con questi temi, è se sia il caso di prevedere anche per i dipendenti pubblici una pensione integrativa, che nel settore privato esiste da anni ed è spesso alimentata dal Tfr. Se vogliamo dare un secondo pilastro alle pensioni statali, che in futuro non saranno grasse e non lo sono nemmeno adesso, sarebbe molto utile l’utilizzo a questo fine del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici. Sono anni che ci si riflette, speriamo che sia la volta buona. 

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