Non è un Paese per madri che lavorano. Secondo la relazione annuale dell’Ispettorato Nazionale del lavoro sulle dimissioni dei genitori entro i primi tre anni dalla nascita dei figli, sono più di 44 mila le mamme che nel 2022 hanno abbandonato il lavoro: su un totale di 61.391, le dimissioni convalidate dalle donne sono il 72,8% (44.669). Dietro la decisione di abbandonare il lavoro c’è per il 63% delle donne la difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia. Conciliazione che, stando ai numeri, è una preoccupazione tipicamente femminile: solo il 7,1% degli uomini dimessi, infatti, ha dato la stessa motivazione. Allo stesso tempo, se per il 78,9% dei neopapà che rassegnano le dimissioni la ragione è il passaggio a un’altra azienda, il cambio di prospettiva lavorativa fa lasciare il proprio impiego solo al 24% delle neomamme. Altro problema: l’assenza di una rete di supporto, o, laddove presente, l’insostenibilità dei costi dei servizi di assistenza per i più piccoli (32,2% delle motivazioni). Infine, per il 17,6% dei dimissionari, le motivazioni riguardano condizioni di lavoro gravose, cambi di sede o eccessiva distanza dal luogo di lavoro.
La mappa
Per la maggior parte (80% del totale), le persone che hanno lasciato il lavoro nel 2022 hanno tra i 29 e i 44 anni. Quasi il 60% delle convalide coinvolge famiglie in attesa del primo figlio o con un solo bambino. Le percentuali inferiori per i genitori di due o tre figli mostrano da un lato che è sufficiente la nascita di un solo figlio per mettere in crisi la propria posizione lavorativa, e dall’altro un’ulteriore riduzione della stabilità lavorativa in relazione all’aumento del numero di bambini. E ancora. Il 92% delle dimissioni riguarda ruoli qualificati quali impiegato e operaio, mentre è ridotto il numero di abbandoni all’interno del mondo dirigenziale. Tuttavia anche in questo caso le donne sono, in termini assoluti, più degli uomini. Coerentemente con gli scorsi anni, l’ambito produttivo che vede un maggior numero di dimissioni è quello terziario, con 35.530 convalide. Seguono il mondo dell’industria e quello dell’edilizia; fanalino di coda, con meno dell’1% delle convalide totali, l’agricoltura. Circa il 65,8% dei provvedimenti di convalida fa riferimento a rapporti di lavoro full-time, contro il restante 34,2% di dimissioni da ruoli part-time.
Cosa manca
Insomma, se è vero che “fare la mamma è il lavoro più bello del mondo” è altrettanto vero che spesso non è data possibilità di scelta. Come sottolinea Valentina Cardinali, responsabile struttura mercato del lavoro Inapp, «le donne in genere hanno redditi più bassi, per cui nel momento in cui in una famiglia si decide di sacrificare uno dei due redditi, perché manca un’alternativa valida (nonni a cui affidare i figli o servizi, ad esempio), inevitabilmente il reddito che viene sacrificato è quello femminile». Quindi spesso la scelta delle dimissioni delle donne è una scelta di convenienza familiare. Ma non solo: il diritto ad accedere alla Naspi, previsto per chi si dimette entro il primo anno di vita del figlio, alletta molte lavoratrici. Tuttavia, nota ancora Valentina Cardinali, a fronte della vita breve dell’efficacia economica della Naspi, «una volta che una donna si è dimessa, e di fatto è uscita dal mercato del lavoro, fa molta fatica rientrarvi». Quello che manca è un insieme di servizi che faciliti la vita lavorativa dei neogenitori: asili nido, supporto, orari di lavoro flessibili e condizioni economiche ottimali. L’aumento della natalità passa anche da qui.