Quota 103 non sfonda. È più bassa del previsto l’adesione alla misura, dopo la stretta prevista per il 2024 che impone il ricalcolo contributivo dell’assegno. Le domande giunte all’Inps per uscire dal lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi, infatti, sono circa 7.000 e a fine anno potrebbero arrivare a quasi 9mila, circa la metà di quelle stimate nella legge di Bilancio per l’anno in corso (17mila). Inoltre, il 20% delle richieste potrebbe essere respinto. Risultato? Ci sarebbero le risorse per confermare la misura anche per il prossimo anno: basterebbe stanziare il 70% di quanto stanziato l’anno scorso.
Le ragioni del flop
Per Quota 103 sono stati stanziati, più nel dettaglio, 149 milioni di euro per il 2024. La bassa adesione alla misura è legata, come detto, alla penalizzazione economica che si avrebbe con il ricalcolo contributivo. Ma non solo. Se si accede alla pensione con Quota 103 è necessario avere 41 anni di contributi e aspettare 7 mesi di finestra mobile (9 per il pubblico impiego). In questo modo si anticipa l’uscita dal lavoro appena di un anno e sei mesi rispetto all’uscita con 42 anni e 10 mesi di contributi (che diventano 43 anni e un mese con i tre mesi di finestra mobile previsti per questa misura). L’anticipo si riduce ulteriormente per i lavoratori pubblici (solo un anno e quattro mesi).
L’allarme
Nel Mezzogiorno si pagano più pensioni che stipendi, ma nel giro di qualche anno il sorpasso è destinato a compiersi anche nel resto del Paese. L’allarme arriva dalla Cgia di Mestre. Secondo alcune previsioni, entro il 2028 sono destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età 2,9 milioni di italiani, di cui 2,1 milioni sono attualmente occupati nelle regioni centro-settentrionali. Insomma, gli assegni erogati dall’Inps sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati nelle fabbriche e negli uffici. Nel 2022 il numero dei lavoratori dipendenti e degli autonomi sfiorava i 23,1 milioni, mentre gli assegni corrisposti ai pensionati erano poco meno di 22,8 milioni (saldo pari a +327mila).
La strategia
Può sembrare lapalissiano ma è il caso di ricordarlo: meno lavoratori ci sono, meno contributi si incassano. Per questo la priorità del governo adesso è quella di tenere al lavoro più persone possibili per più tempo possibile. Insomma, l’obiettivo è di ridurre i prepensionamenti, convincendo chi lavora a prolungare la permanenza nel proprio posto attraverso dei bonus simili a quelli già introdotti lo scorso anno per chi rinuncia al prepensionamento con Quota 103. Oggi chi ha compiuto 62 anni e ha alle spalle 41 anni di contributi può ottenere in busta paga un aumento del 9,19 per cento, ossia un esenzione dal versamento dei contributi sullo stipendio dovuti dal lavoratore, se decide di non usare Quota 103.