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Il concordato biennale non decolla: a rischio il taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti - PA Magazine

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Il concordato biennale non decolla: a rischio il taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti

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Il governo ci ha puntato molte delle sue fiches e lo considera la chiave di accesso per il taglio delle tasse in favore dei lavoratori dipendenti. Ma a tre settimane dalla partenza, il treno del concordato biennale preventivo destinato agli autonomi (e dal quale ci si aspetta un incasso aggiuntivo di 2 miliardi di euro) è ancora fermo alla stazione.

Il flop

Appena il 2 per cento dei 4,5 milioni di partite Iva potenzialmente interessate all’operazione hanno aderito. Ed anche se è vero che c’è tempo fino a fine ottobre per mettersi d’accordo con l’agenzia delle entrate, le premesse paiono davvero deludenti. Se davvero questa tendenza negativa sarà confermata nei prossimi mesi (per aderire c’è tempo fino al 31 ottobre) la riduzione delle aliquote Irpef promessa al ceto medio (in ballo ci sono tra l’altro circa 2,5 milioni di dipendenti pubblici) potrebbe saltare.

Il meccanismo

Il problema è piuttosto serio ed agita il governo: gli autonomi non sembrano interessati alla generosa offerta del governo: nel primo anno è infatti prevista una agevolazione del 50% sull’imponibile richiesto dal fisco mentre il secondo anno salirà al 100%, offrendo come detto quindi alle partite Iva una forte dilazione. In pratica, facendo un esempio, se l’aumento del reddito necessario per ottenere il massimo punteggio di affidabilità fiscale (voto 10) sarà pari a 20 mila euro, per accordarsi con l’amministrazione finanziaria sui redditi di quest’anno sarà sufficiente un aumento di 10 mila euro. Nel 2025 si terrà invece conto della cifra intera. La struttura generale del meccanismo, in teoria, sarebbe molto vantaggiosa: il concordato biennale (dal quale ci si aspetta un gettito aggiuntivo di 2 miliardi di euro da utilizzare per ridurre l’Irpef) consiste in un patto tra fisco e contribuenti, con questi ultimi invitati (entro il 31 ottobre) ad accettare ex ante (attraverso la piattaforma on line disponibile da ieri sul sito delle Entrate) le tasse da pagare stabilite dallo stato sulla base dei redditi presunti. In caso di accettazione, la partita Iva avrà la garanzia di zero controlli per due anni e la certezza che sui redditi che eccedono l’accordo non si dovrà versare alcunché. Guadagno netto. Inoltre ci sarà na corsia preferenziale sui rimborsi. E con il concordato biennale, tra l’altro, finirà in pensione il Redditometro. Niente più accertamenti sintetici calcolati sul tenore di vita dei contribuenti. Dunque, ci sarebbero tutti gli ingredienti per una adesione di massa al concordato biennale preventivo. Però le cose stanno andando diversamente, anche perché, numeri alla mano, i controlli del fisco sono in calo e ogni anno c’è solo un 3 per cento di rischio di essere raggiunti da una verifica.

Tanto vale continuare a evadere piuttosto che mettersi d’accordo con lo Stato e pagare qualcosa in più: è questo, molto brutalmente, il calcolo che fanno migliaia di autonomi. Per nulla attirati anche dalla promessa di sanzioni ridotte. Nella norma si legge che “non danno luogo a fatti punibili, e non costituiscono notizia di reato, le violazioni delle norme tributarie dipendenti da rischi di natura fiscale comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle entrate, mediante l’interpello”. E ancora: i titolari di partita Iva che accetteranno la proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate entreranno automaticamente tra i destinatari dei benefici premiali Isa, tra cui l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per le compensazioni Iva fino a 50 mila euro e fino a 20 mila in relazione ai crediti Irpef, Irap e Ires. Stop inoltre agli accertamenti basati su presunzioni semplici e anticipo dei termini di decadenza per le attività di accertamento.

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