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I dipendenti pubblici sono fighi, il posto dove lavorano un po’ meno

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Il ministro della Funzione pubblica Paolo Zangrillo, foto conferenza stama

Dopo i successi di Open to meraviglia, campagna promozionale del ministero del Turismo imperniata sulla Primavera del Botticelli in Ferragni style, il ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo s’è affidato a una testimonial decisamente meno trasgressiva, Orietta Berti, per veicolare un messaggio che comunque a suo modo è rivoluzionario: lavorare nella PA è figo. Concetto che il ministro ha in testa da tempo, visto che lo aveva anticipato a metà aprile alle ragazze e ai ragazzi della Scuola di amministrazione aziendale di Torino.

“Io direi che il mito del posto fisso lo lasciamo a Checco Zalone”, aveva detto Zangrillo in quella occasione, aggiungendo che oggi “i giovani non cercano la stabilità, cercano un virtuoso equilibrio tra l’attività professionale e la loro vita privata. Quindi quando cercano il posto di lavoro non si accontentano di un posto fisso, vogliono avere un lavoro che sia ben retribuito, capace di valorizzarli, che dia loro delle opportunità di crescita e che sia capace di bilanciare l’aspetto professionalecon quello della vita privata”.

Ufficio del Processo: ecco cosa non ha funzionato

Tutto vero, a cominciare dall’assunto che il posto fisso non è più un mito, anche perché sempre più spesso il posto che offre l’amministrazione pubblica è tutt’altro che stabile. Prendiamo il caso dell’Ufficio del Processo, la nuova struttura creata nei tribunali di ogni grado per affiancare i magistrati e permettere loro di smaltire la montagna di arretrati. Per realizzarla sono stati impegnati 2.3 miliardi di euro, la quasi totalità dei 2,7 miliardi previsti dal PNRR per il comparto Giustizia. Una cifra eccezionale per coprire nell’arco di un quinquennio ben 16 mila assunzioni di neolaureati in giurisprudenza, scienze politiche, economiche e informatiche, peccato che i contratti siano tutti rigidamente a termine, da 2 a 3 anni di validità e non rinnovabili. Quindi, per riprendere le parole del ministro non è che i giovani “non si accontentano di un posto fisso” è che spesso nemmeno lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, gliene offre uno.

«L’ufficio del processo? Soldi buttati»

Andiamo però all’altra aspirazione dei giovani, quella di un lavoro “ben retribuito”, anche qui, per restare all’esempio dell’Ufficio del Processo, la realtà e ben distante da qualsiasi legittima aspettativa, perché 1700 euro lordi al mese, non è proprio uno stipendio che un laureato con un curriculum di studi adeguato al tipo di selezione messa in campo possa sognarsi di notte. Ed infatti degli oltre 11 mila vincitori della prima tornata oltre il 20% si è già dimesso perché sul mercato ha trovato di meglio. Se vogliamo, però, un altro esempio possiamo passare al grido di dolore dei sindaci veneti, diffuso dall’Anci: in una regione dove i comuni lamentano un 30% di vuoti in organico il reclutamento di nuovi profili si è fatto molto difficile ed infatti a Venezia un esame per 50 posti da impiegato è stato disertato da tre quarti di quanti si erano iscritti, a dimostrazione che uno stipendio da 1300 euro in una delle città più care d’Italia non è proprio il massimo dell’attrattiva, mentre a Treviso di 50 posizioni a livello C (1200 euro al mese) il comune è riuscito a coprirne a stento 37, ma solo allargando le maglie della selezione e scorrendo la lista fino all’ultimo dei candidati risultati non vincitori ma comunque idonei.

Passiamo quindi agli altri aspetti del messaggio motivazionale del ministro, ossia alla possibilità di valorizzazione e crescita professionale del lavoratore pubblico. Sono anni, per non dire decenni, che ad ogni riforma della PA si parla di nuovi percorsi, di progressione di carriera, di valorizzazione del merito. La realtà è che per anni non sono stati solo bloccati i contratti ma anche gli scatti e che tutt’ora la differenza fra gli sviluppi di carriera tra pubblico e privato continua ad essere notevole e proprio questa diseguaglianza è fra le cause della scarsa attrattività dei concorsi pubblici. Se poi vogliamo parlare di motivazione basterebbe chiedere a medici e infermieri quanto sia figo lavorare continuamente sotto organico, in strutture spesso inadeguate, tra pazienti parcheggiati in barelle nei corridoi e sotto la pressione di familiari esasperati, oppure chiedere a docenti e bidelli delle scuole quanto sia figo chiedere ai genitori di pagare di tasca propria la carta igienica e talvolta anche le riparazioni urgenti di aule in rovina, perché i presidi non hanno i fondi nemmeno per le prime necessità. E si potrebbe ancora andare avanti, ma è meglio fermarsi qua, perché l’elenco ciò che rendere davvero poco figo lavorare per una qualche amministrazione sarebbe troppo lungo (chi si dimentica per esempio delle collette tra poliziotti per pagare la benzina delle auto di pattuglia).

Giustizia, non si potranno rinnovare i contratti dell’Ufficio del processo

La realtà, insomma, è molto chiara e difficilmente una campagna motivazionale può modificare la percezione generale. Nascondere la polvere sotto il tappeto serve a poco se la polvere è davvero tanta e il tappeto è tanto piccolo quanto lo può essere uno spot in tv. Puntare sull’immagine per superare un problema strutturale come l’esplosione internet e del mercato digitale è quello che hanno fatto quasi tutti gli editori di giornali. Le loro testate perdevano migliaia di copie e loro varavano restyling, cambiavano formati, modificavano la grafica, risultato: trent’anni fa si vendevano in edicola sei milioni di copie di quotidiani al giorno, oggi se ne vendono a stento poco più di un milione. Per motivare i giovani che nicchiano di fonte alla prospettiva di un concorso pubblico, ma ancora di più per sostenere le motivazioni di chi quel posto lo ha già ottenuto, più che di spot su quanto sia figo il pubblico impiego, servirebbe rinnovare i contratti alla scadenza e non dopo anni, adeguare gli stipendi all’inflazione e non elargire mance una tantum e comunque preferire i contratti a tempo indeterminato alle assunzioni a termine. Quello sì, sarebbe figo.

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