Tempi della giustizia meno lunghi grazie al Pnrr? Non proprio. Nemmeno l’istituzione dell’Ufficio del processo, una struttura mal concepita fin dall’inizo, come abbiamo spiegato più volte su PaMagazine, è riuscita a dare la svolta sperata. I conti, stavolta, li ha fatti l’osservatorio guidato da Carlo Cottarelli, ex mister “Spending review” ai tempi del governo Renzi. Dal 2010 al 2018, la durata dei processi civili che arrivano al terzo grado di giudizio è scesa da 8 anni e 2 mesi a 7 anni e 3 mesi, un miglioramento, senz’altro, ma rispetto agli altri principali Paesi europei l’Italia rimane molto indietro su questo fronte. Il Pnrr si propone di ridurre, entro giugno 2026, la durata media di questi processi del 40% rispetto al 2019, ricorda l’Osservatorio, e del 90% il numero dei processi pendenti a fine 2022 (se originati dopo il 2016 per i Tribunali e dopo il 2017 per le Corti d’Appello). Come? Attraverso la digitalizzazione, la promozione di metodi alternativi di risoluzione delle controversie e lo snellimento delle procedure esecutive e tributarie.
Il dato
Il calo nella durata osservato tra il 2019 e il 2023 è stato però solo del 17%, evidenzia l’Osservatorio sui conti pubblici italiani, e se la riduzione procedesse allo stesso passo nel 2024-2025 allora l’abbattimento della durata dei processi sarebbe solo del 24% al 2026, ben al di sotto quindi del target del 40% fissato dal Pnrr. Nella riduzione dei casi pendenti, sottolinea sempre l’osservatorio di Cottarelli, gli andamenti sono più favorevoli: al 2023 la riduzione per i pendenti iscritti presso i Tribunali tra il 2017 e il 2022 è stata del 50% e quella presso la Corte d’Appello tra il 2018 e il 2022 del 43,4%.
Il confronto
Il confronto tra i tempi della giustizia italiana e quelli degli altri principali Paesi europei viene fatto ogni due anni con il rapporto CEPEJ, che contiene stime sui tempi della giustizia di 44 Paesi a partire almeno dal 2010. I dati CEPEJ indicano che in Italia, nel 2010, i processi civili che raggiungevano il terzo grado di giudizio duravano in media 2.992 giorni, ossia 8 anni e 2 mesi. Dal 2010 al 2018 i tempi della giustizia per i processi civili si sono ridotti, soprattutto per il calo della durata dei processi d’appello: nel 2018 si era scesi a 2.656 giorni, ossia 7 anni e 3 mesi.
Anche nel 2018, a ogni modo, la durata dei processi restava comunque molto più elevata di quella degli altri principali Paesi europei, segnala l’Osservatorio sui conti pubblici. I processi civili in Francia e Spagna, per esempio, duravano 3 anni e 5 mesi, meno della metà dell’Italia.
Strada in salita
Il Ministero della Giustizia, nel monitorare il progresso rispetto all’obiettivo del Pnrr, riporta dati leggermente diversi da quelli del CEPEJ. Per esempio, nel 2020 la durata complessiva dei processi era di 3.226 giorni secondo il rapporto CEPEJ, mentre era di 3.080 giorni (quasi 5 mesi in meno) per il ministero. Nulla di strano. Le stime utilizzate da via Arenula escludono alcuni tipi di processi, per esempio quelli del Giudice di Pace. In ogni caso, i numeri diffusi dal ministero di Carlo Nordio indicano una riduzione della durata dei processi che arrivano al terzo grado di giudizio tra il 2019 e il 2023 da 2.512 giorni a 2.075 giorni, un calo del 17,4%, ben lontano dal target del 40% fissato dal Pnrr, mette in chiaro l’osservatorio di Cottarelli.
Dopo 40 anni di uffici giudiziari ho visto arrivare questo upp. Vorrei che qualcuno mi spieghi quale ne sia l’utilità. Sarebbero parzialmente utili per il supporto giurisdizionale. Non sono utilizzabili laddove vi è più necessità: lo smaltimento dei provvedimenti nelle cancellerie. Il personale amministrativo ha un’altissima età media ed è sotto organico di parecchio. E sottoposto ad un carico di lavoro insopportabile. Vorrei avere risposte