L’inflazione corre e gli italiani restano fermi con la palla al piede degli stipendi lumaca. Il decollo dei prezzi (+8 per cento, sul valore più elevato dal 1986) impoverisce i lavoratori. A meno di accordi specifici indicati sui contratti, statali e privati non possono adeguare le retribuzioni al caro vita con il risultato che il potere d’acquisto si impoverisce drammaticamente. Tanto che, come ha spiegato l’Istat alcuni giorni fa, con le retribuzioni contrattuali in crescita solo dello 0,8% ed un tasso di inflazione del 5,2%, quest’anno ci sarà una perdita di potere d’acquisto di quasi cinque punti.
Lo scudo
Occorre, tuttavia, ricordare che la legge italiana prevede alcuni meccanismi di difesa contro la svalutazione che riguardano principalmente i pensionati, i beneficiari di un assegno di mantenimento in caso di divorzio e i locatori di un affitto. Senza considerare che anche le liquidazioni vanno al passo con l’inflazione. Le norme, ad esempio, prevedono la rivalutazione dell’assegno di mantenimento, in caso di separazione o divorzio, allo scopo di tutelare chi lo riceve, adeguando l’importo dovuto al coniuge economicamente più debole o ai figli all’andamento del costo medio della vita. La rivalutazione deve essere effettuata ogni anno secondo gli indici Istat e deve essere applicato sempre e comunque, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito o meno dai coniugi in sede di accordo o dal giudice con la sentenza di separazione o di divorzio. Per la rivalutazione si utilizza l’indice dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati assumendo come riferimento l’indice pubblicato dall’Istat rispetto al mese del primo pagamento dell’anno precedente dell’assegno di mantenimento deciso dal tribunale. In caso di mancato adeguamento, la norma prevede anche la possibilità di chiedere gli arretrati per gli ultimi 5 anni. Anche i pensionati avranno uno scudo protettivo pieno. Da quest’anno, dopo ben 11 anni di sacrifici e tagli dovuti a ragioni di contenimento della spesa pubblica, è stato infatti reintrodotto il meccanismo di indicizzazione che rivaluta gli importi pensionistici per quote e scaglioni. Così i pensionati che ricevono un assegno mensile fino a 4 volte l’assegno sociale (circa 2 mila euro) avranno una rivalutazione piena dell’importo rispetto all’inflazione, i pensionati che ricevono tra 4 e 5 volte l’assegno avranno il 90% di aumento rispetto all’inflazione; i pensionati che ricevono più di 5 volte l’assegno sociale avranno il 75% di aumento rispetto all’inflazione.
L’asticella
Alcuni giorni fa, l’Istat ha stabilito che, per quest’anno, l’indice di inflazione sui cui si baseranno gli adeguamenti sarà dell’1,9 per cento. E, dunque, lo scudo sarà piuttosto limitato. Ma nel 2023 ci sarà il recupero, tarato sul tasso inflattivo attuale. Anche i proprietari di un immobile potranno agganciare l’assegno di affitto all’andamento dell’inflazione, mentre, in tema di liquidazioni, le norme prevedono che il Tfr, con esclusione della quota maturata nell’anno, venga incrementato ogni anno con l’applicazione di un tasso fisso dell’1,5% e del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (3/4 del tasso di inflazione), accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. In caso di applicazione del tasso di rivalutazione per frazioni di anno, l’incremento dell’indice Istat è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Esempio: se l’inflazione è al 2%: il 75% è pari all’1,5%, al quale va aggiunto il tasso fisso. Quindi il trattamento del Tfr deve essere rivalutato del 3%, pari a 1,5% più 1,5%.
Non capisco questi benefici per i locatori che con affitti ormai incontrollati hanno entrate in più. E la locataria, che non ha mai potuto permettersi l’acquisto di un appartamento, impiegata statale, che senza raccomandazioni e vincendo il concorso 32 anni fa (arrivata seconda e solo per merito) non ha mai potuto fare carriera – pur avendone le competenze e i titoli (laurea quadriennale, corso di perfezionamento e master di primo livello) -, che vive, e con ONESTA’ – perché ha sempre prestato il suo servizio nell’interesse della PA e non ha mai “scaldato la sedia” – del suo stipendio netto di 1500 euro, NESSUN BONUS?
AI RICCHI PROPRIETARI UN AIUTO???!!!
MA I POLITICI LA TESTPE’ A CE L’HANNO?
O magari solo “PE’ SPARTERE ‘E ‘RRECCHIE”??