Lo smart working piace a imprese e pa alle prese con il caro bollette. Per due datori di lavoro su tre (66%) incrementa la produttività e consente il risparmio dei costi di gestione. Per il 72% dei datori di lavoro lo smart working aumenta inoltre il benessere organizzativo e migliora l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti. Sul versante dei lavoratori, invece, è il miglioramento della qualità della vita lavorativa a essere particolarmente apprezzato. Per l’80% semplifica l’organizzazione e la gestione degli impegni privati-familiari, per il 72% favorisce una maggiore autonomia rispetto a metodi, orari, ritmi, e luoghi di lavoro, per il 90% consente un risparmio di tempo importante negli spostamenti. Questi i principali dati emersi dalla giornata di studi sullo smart working organizzata oggi a Benevento dall’Inapp.
Caro energia
Così il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda: «Bisogna evitare di riportare indietro le lancette dell’orologio. Se con la pandemia il lavoro agile ha permesso la salvaguardia di molti posti di lavoro, adesso bisogna puntare a migliorarne i processi produttivi continuando a favorire la digitalizzazione e a investire sulla organizzazione smart del lavoro». Lo smart working può rappresentare una soluzione anche per i problemi connessi all’elevato costo dell’energia, ha ricordato il numero uno dell’Inapp, e in prospettiva è destinato a riscrivere la geografia urbana dei nostri territori. «La sfida oggi è la messa a regime ottimale, valorizzandone le opportunità e superando i nodi critici. In questo senso il lavoro ibrido, con l’alternanza della prestazione in ufficio e da remoto durante la settimana, può rappresentare una soluzione efficiente per soddisfare sia le esigenze dei lavoratori che quelle delle aziende», ha aggiunto Fadda.
I numeri
«Un lavoratore su 5 accetterebbe una riduzione della retribuzione se ciò significasse mantenere il rapporto lavorativo in modalità agile, una chiara evidenza di come un ipotetico miglioramento nella qualità della vita costituisca un valore primario e anche economico, in termini di percezione anche sui relativi costi connessi al lavoro», si legge nel report Inapp “Verso lo smart working? Un’analisi multidisciplinare di una sperimentazione naturale”. Sono state soprattutto le imprese del Nord Est (70%) a utilizzare lo smart working, molto più di quelle del Nord Ovest (53%) e del Centro (57%). Pur segnando il passo il Mezzogiorno raggiunge una quota del 30%. Medie e grandi imprese hanno fatto maggiormente ricorso a lavoro agile. La metà delle micro imprese che lo ha utilizzato a ogni modo non vuole rinunciarvi: il 31% di quelle con fino a 5 addetti ha investito in tecnologie e software a supporto delle attività smart. Non è tutto però tutto oro quel che luccica. Le potenziali criticità legate alla diffusione del lavoro agile si registrano sul fronte dei rapporti umani: lo smart working non facilita i rapporti fra i colleghi e con i responsabili (è così per il 62% degli smart worker e per il 43% delle aziende smart) e aumenta l’isolamento (lo pensa il 65% dei lavoratori coinvolti).