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Assegno unico, tesoretto da due miliardi: allo studio nuovi aumenti

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Quest’anno l’assegno unico per i figli lascerà circa due miliardi di tesoretto, stando alle stime. Ma come verranno impiegato le risorse inutilizzate? La legge di Bilancio non ha benzina a sufficienza per realizzare tutti i progetti di riforma che il governo ha in mente di calare a terra e la tentazione di dirottare i soldi non spesi per l’assegno unico su altri strumenti è forte. I rappresentanti delle famiglie però non ci stanno e chiedono che il tesoretto venga redistribuito tra i beneficiari dell’assegno unico, incrementando per esempio gli importi destinati ai nuclei numerosi e a quelli con figli piccoli. Una linea di pensiero condivisa anche dal direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, che nei giorni scorsi ha dichiarato: «Eventuali avanzi possono essere sfruttati per rendere più efficiente la misura». Mentre la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella indica un’altra strada: «Ci sono allo studio misure per sostenere la seconda gravidanza che potrebbero essere finanziate con le risorse non spese per l’assegno unico».

Il tesoretto

Nel primo semestre di quest’anno i pagamenti per l’Auu hanno assorbito 8,28 miliardi di euro. Se la spesa dovesse restare la stessa fino a dicembre allora le erogazioni costeranno allo Stato nel 2023 circa 16,6 miliardi, ovvero due miliardi in meno del previsto. Le previsioni dell’Inps sono un po’ meno ottimiste: secondo l’istituto alla fine l’Inps spenderà per l’assegno unico 17,4 miliardi quest’anno, per effetto delle nuove richieste in arrivo in autunno. Anche in questo modo, tuttavia, resterebbero 1,2 miliardi di euro nel salvadanaio. Ipotizzando, invece, che il numero dei nuclei raggiunti dall’aiuto arrivi a 6 milioni dagli attuali 5,5 milioni, il risparmio sarebbe di 1,4 miliardi di euro. Stando alla relazione tecnica la platea potenziale dei beneficiari conta sette milioni di famiglie per 9,6 milioni di figli. Nel 2023 l’Auu si è fermato però fin qui a 8,8 milioni di figli raggiunti.

Il precedente

Anche nel 2022 si era verificato un risparmio legato alle mancate erogazioni. L’anno scorso il 20 per cento delle famiglie percettrici dell’Auu ha infatti ricevuto l’importo minimo perché non aveva presentato l’Isee, l’indicatore sulla base del quale si calcolano le cifre spettanti. Così, attraverso il decreto Aiuti bis, il precedente governo aveva deciso di destinare oltre 600 milioni di risparmi ad altre misure con finalità sociali diverse. Un precedente che non fa ben sperare. La questione, poi, rischia di ripresentarsi anche in futuro. Già perché le stime sulla platea dei beneficiari stonano con le prospettive demografiche. La popolazione tra 0 e 20 anni risulta in calo del 23%. Tradotto: nel 2030 i potenziali beneficiari dovrebbero scendere a quota 9,7 milioni.

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