L’emolumento una tantum per i dipendenti pubblici porterà nelle tasche di un capo dipartimento più di 66 euro al mese, mentre i funzionari di un ministero dovranno accontentarsi di una cifra compresa tra 29 e 44 euro. Sempre nei dicasteri gli assistenti prenderanno bene che va 31 euro in più e i semplici operatori circa 24. Insomma, quella che doveva essere una misura per proteggere il potere di acquisto degli statali, eroso dall’inflazione, alla fine favorirà paradossalmente chi ha risentito meno della crisi, ovvero chi guadagna di più.
Le cifre
Per l’emolumento una tantum, che corrisponde a un aumento delle retribuzioni dei dipendenti pubblici dell’1,5 per cento da erogare su tredici mensilità, il governo ha stanziato con la legge di Bilancio un miliardo di euro. Gli incrementi in busta paga variano dunque in base alla qualifica: la Ragioneria generale dello Stato ha appena comunicato gli importi dell’emolumento. Per esempio, a un dirigente di prima fascia andranno 66,80 euro in più al mese, mentre a uno di seconda fascia circa 52. La busta paga di un ispettore generale subirà un incremento di 44,72 euro. Un funzionario di terza area, fascia sette, si porterà a casa 43,91 euro in più, che diventano poco più di 29 per un funzionario di terza area in fascia uno. Per quanto riguarda le forze dell’ordine e i militari: un commissario capo della Polizia di Stato riceverà in ciascuna delle tredici mensilità 34,46 euro in più, mentre un agente si fermerà a 24,10.
Una mancia
Poco più di una mancia. Dal momento che le risorse per i rinnovi dei contratti 2022-2024 non ci sono, il governo ha deciso di erogare l’emolumento una tantum per non andare allo scontro diretto con gli statali. L’inflazione morde e senza gli aumenti dei rinnovi sono in molti in questa fase a dover attingere ai loro risparmi per mantenere inalterato il proprio tenore di vita. I dipendenti pubblici, al pari di quelli privati, quest’anno beneficeranno anche del taglio del cuneo del 3 per cento (per chi guadagna fino a 1.923 euro) e del 2 per cento (riconosciuto sugli stipendi d’importo inferiore a 2.692 euro). Lo sgravio trova applicazione, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, per tutti i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico.
La situazione
Tra il 2013 e il 2022 le retribuzioni nella Pa sono cresciute del 6,1 per cento, contro un’inflazione nel periodo decisamente superiore al 13 per cento. Il rincaro dei prezzi ha quindi più che doppiato gli aumenti. Nel privato è andata molto meglio: per esempio nell’industria gli aumenti nel periodo preso in esame sono stati superiori al 13 per cento, mentre nei servizi hanno rasentato il 10 per cento. L’ultimo rapporto Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti analizza i contenuti economici dei nuovi contratti e registra incrementi superiori al 4 per cento per tutti i comparti (con minime variazioni tra di essi), a fronte di una crescita dei prezzi dell’Ipca al netto dei beni energetici importati, nel triennio 2019-2021, del 2 per cento, e di un Ipca complessivo del 2,4 per cento.